Articolo del 20/03/2023
Il tumore alla prostata interessa in particolar modo la popolazione maschile di età superiore ai 50 anni e la sua incidenza in occidente è in continuo aumento; questo tumore rappresenta la seconda causa di morte per neoplasie solide e la terza in ambito oncologico. I dati epidemiologici, infatti, indicano che nel maschio adulto 1 tumore su 4 è un tumore prostatico.
Approfondiamo l’argomento con il Dott. Barrese, specialista in Urologia della Clinica Fabia Mater.
Tumore alla prostata: di cosa si tratta?
Il tumore alla prostata è una condizione in cui le cellule della prostata, una ghiandola situata sotto la vescica e di fronte al retto, iniziano a proliferare in modo incontrollato, dando origine a una neoplasia. La prostata ha la funzione di produrre il liquido seminale.
Inizialmente, il tumore può non presentare sintomi evidenti, rendendo difficile la diagnosi precoce. Tuttavia, una volta identificato, il tumore alla prostata può essere trattato con successo, specialmente se la sua evoluzione è lenta.
Nei casi più avanzati, si manifestano sintomi come ritenzione urinaria, presenza di sangue nelle urine e nello sperma, edema agli arti inferiori, e, se il tumore si è diffuso, dolore alle ossa.
Quale sono le cause e i fattori di rischio?
Le cause precise del tumore prostatico non sono completamente comprese, ma si ritiene che una mutazione nel DNA delle cellule della prostata sia alla sua base, causando una crescita anomala delle stesse.
I fattori di rischio includono l’età (più comune dopo i 65 anni), una predisposizione familiare al tumore prostatico (con una possibile mutazione del gene BRCA), e fattori modificabili legati allo stile di vita, come sovrappeso, obesità, sedentarietà e una dieta ricca di grassi saturi.
L’importanza della diagnosi precoce
La diagnosi precoce è fondamentale, e si basa su un’accurata anamnesi, un esame digito-rettale, il dosaggio dell’antigene prostatico specifico (PSA) e, se necessario, una biopsia prostatica ecoguidata. Il PSA è un enzima prodotto dalla prostata, e il suo aumento può indicare problemi alla ghiandola, ma non specifica la causa.
Come si diagnostica?
L’attuale algoritmo diagnostico si basa su diverse fasi, tra cui l’anamnesi, l’esame digito-rettale, il dosaggio dell’antigene prostatico specifico (PSA) e la biopsia prostatica ecoguidata.
L’anamnesi costituisce il primo passo cruciale per ottenere una comprensione accurata del paziente, coinvolgendo la raccolta dei sintomi e della storia clinica, inclusi quelli dei suoi familiari. L’esame digito-rettale consente talvolta di individuare noduli prostatici mediante palpazione. Il dosaggio del PSA, ottenuto da un semplice prelievo di sangue, fornisce informazioni sull’enzima che mantiene la fluidità del liquido seminale. Un aumento del PSA può indicare problemi alla prostata, ma la correlazione con l’anamnesi e i dati clinici è essenziale per una diagnosi corretta.
La biopsia prostatica ecoguidata è fondamentale in presenza di sospetti palpatori o alterazioni del PSA, permettendo l’identificazione certa di cellule tumorali. Questa procedura ambulatoriale, effettuata con anestesia locale, coinvolge una puntura nel perineo per prelevare campioni di tessuto prostatico analizzati al microscopio.
Inoltre, presso Fabia Mater, è disponibile un’innovativa biopsia prostatica fusion, che combina ecografia e risonanza magnetica per eseguire biopsie più mirate e meno invasive. Questa tecnica, chiamata biopsia fusion, si concentra su aree sospette individuate dalla Risonanza Magnetica Multiparametrica, consentendo un mirato prelievo di tessuto. Rispetto alla biopsia standard, che preleva campioni in modo casuale, la fusion massimizza l’accuratezza dell’immagine della risonanza magnetica, consentendo il campionamento mirato delle aree sospette, anche di dimensioni ridotte. Questo approccio ottimizza e accelera la diagnosi del tumore prostatico, riducendo la necessità di biopsie multiple e migliorando la rilevazione dei tumori più aggressivi.