Articolo del 23/01/2023

Le difficoltà causate da gravi condizioni come l’artrosi dell’anca e del ginocchio possono avere un impatto significativo sulla vita delle persone ancora attive. Tuttavia, esiste una possibile soluzione per queste malattie degenerative attraverso interventi di chirurgia protesica.

Il Dottor Marco Villa, un esperto in Ortopedia presso la clinica Fabia Mater con competenza nella chirurgia protesica dell’anca, affronta il tema degli interventi di sostituzione dell’anca.

Affrontiamo il tema dell’intervento di protesi d’anca con il dottor Marco Villa, specialista in Ortopedia della clinica Fabia Mater, esperto nella chirurgia protesica dell’anca.

Che cos’è l’artrosi dell’anca?

La coxartrosi è una condizione in cui la cartilagine che copre la testa del femore (ossa della coscia) e la cavità dell’anca si deteriora nel tempo. Questo deterioramento porta alla scomparsa della cartilagine, il che significa che le superfici ossee iniziano a sfregare direttamente l’una contro l’altra. Questo sfregamento causa dolore e può anche infiammare i tessuti molli circostanti, come tendini e legamenti. Inoltre, l’anca è coinvolta in molti movimenti del corpo e supporta una parte significativa del peso corporeo, quindi quando la coxartrosi è avanzata, può causare gravi problemi di mobilità e disabilità nel paziente.

Protesi all’anca: quando è indicata

In una artrosi di IV grado, in cui vi è un diretto contatto tra le ossa senza la presenza di tessuto cartilagineo nell’articolazione dell’anca, e quando i sintomi sono gravi e limitano significativamente la qualità di vita del paziente, l’opzione chirurgica di elezione è spesso la sostituzione dell’anca, nota come artroprotesi o protesi totale dell’anca.

Il successo chirurgico della protesi: da cosa dipende?

Il successo dell’intervento di impianto protesico dipende da tre principali fattori:

  1. La corretta selezione e preparazione del paziente per l’intervento chirurgico, che è nota come indicazione chirurgica.
  2. La scelta appropriata dell’impianto protesico basata sulle caratteristiche cliniche e radiografiche del paziente.
  3. L’esecuzione di un intervento chirurgico ben pianificato ed eseguito in modo adeguato.

Una indicazione chirurgica ideale, che probabilmente condurrà a un notevole successo, riguarda un paziente che soffre di grave dolore all’anca e in cui la diagnosi è confermata attraverso l’anamnesi, l’esame clinico e gli esami strumentali come radiografie e risonanze magnetiche.

Una indicazione chirurgica dubbia, che richiede una valutazione attenta in quanto potrebbe comportare un insuccesso chirurgico, è rappresentata da un paziente che ha dolore in più articolazioni contemporaneamente, in cui i test clinici non forniscono chiare indicazioni, gli esami strumentali non sono decisivi e c’è una significativa diminuzione della funzione articolare di base.

La corretta scelta dell’impianto comprende decisioni come il tipo di fissazione (utilizzo di un impianto cementato per pazienti più anziani o non cementato per pazienti più giovani), il design (protesi di rivestimento per soggetti giovani e attivi, protesi a conservazione del collo femorale per pazienti con buona massa ossea, protesi tradizionali per pazienti più anziani con minori risorse ossee e minor rischio di mobilizzazione) e la selezione dei materiali (testa metallica o ceramica che si muove all’interno di un inserto in polietilene cross-linkato con o senza antiossidanti, oppure protesi con accoppiamento “duro” metallo su metallo o ceramica su ceramica).

Infine, un intervento ben pianificato ed eseguito prevede una fase di pianificazione preoperatoria, durante la quale vengono stabiliti tutti i dettagli dell’intervento.

Una pianificazione adeguata assiste il chirurgo nella selezione del modello protesico più adatto all’anatomia patologica del paziente, con l’obiettivo di replicare l’articolazione artificiale il più simile possibile all’articolazione naturale controlaterale. Questa pianificazione tiene conto delle dimensioni delle protesi e mira a minimizzare qualsiasi discrepanza nella lunghezza degli arti, un problema che può verificarsi spesso con le protesi dell’anca, ma che è generalmente accettabile fino a circa 10 millimetri. Tuttavia, quando si effettua una sostituzione bilaterale delle anche utilizzando la stessa protesi in entrambe le articolazioni, la lunghezza degli arti di solito rientra sempre nei limiti normali.

Quali sono le attuali novità sulle protesi dell’anca?

Un capitolo oggi di grande attualità, è il cosiddetto approccio chirurgico o via di accesso. Al contrario delle protesi di ginocchio, le protesi di anca hanno la possibilità di essere impiantate attraverso diversi approcci chirurgici. I più utilizzati nel passato erano la via antero-laterale, la via laterale, la via postero-laterale. Negli ultimi anni, questi approcci hanno subito diverse evoluzioni verso metodi sempre meno invasivi, meno aggressivi verso il tessuto cutaneo, le fasce tendinee, i muscoli principali (motori dell’anca), permettendo un più agevole e rapido recupero. Oggi, un Ortopedico esperto di protesi di anca è in grado di scegliere la miglior via chirurgica in base alla anatomia patologica e alle caratteristiche fisiche del paziente, di ridurre il sanguinamento durante l’intervento, ridurre l’estensione della cicatrice, rispettare la muscolatura dell’anca potendo mettere in piedi il paziente nel giorno stesso in cui è stato operato, se l’anestesia lo permette.

Rispetto al passato, difatti, non si effettuano più trasfusioni di sangue, se non in casi sporadici o molto selezionati (pazienti molto anziani, con anemia pre-esistente, in genere sotto terapia cronica anticoagulante), la durata dell’intervento si è ridotta in modo rilevante, limitando fortemente il rischio infettivo (forse la complicanza più grave nelle protesi di anca) ed il rischio di lussazione dell’anca, non si utilizzano più i drenaggio e talvolta i cateteri vescicali, permettendo una precoce mobilizzazione e deambulazione del paziente.

Grazie a queste novità, oggi si possono operare più articolazioni contemporaneamente, come una doppia protesi di anca, una doppia protesi del ginocchio, oppure una protesi anca e una protesi del ginocchio insieme, se necessario per il paziente ed in condizioni di relativa sicurezza, con ovvi vantaggi (1 sola anestesia, un solo ricovero, una sola riabilitazione). Il vantaggio maggiore che ho riscontrato nelle protesi di anca (ad oggi circa 50 casi) è che, inserendo contemporaneamente una protesi di anca destra e sinistra, utilizzando la stessa via di accesso, con la stessa protesi, la stessa taglia, la lunghezza degli arti è risultata sempre piuttosto simile, favorendo un rapido recupero post-operatorio.

Una volta impiantata, in quanto tempo è possibile recuperare una perfetta autonomia?

Un articolo di recente pubblicazione internazionale su un campione numericamente molto importante (circa 6000 casi) con controlli ad 1 anno dall’intervento, ha diviso i pazienti sottoposti a protesi dell’anca in tre categorie:

  • fast starters (87,7%) che recuperano molto velocemente
  • slow starters (4,6%) che recuperano un po’ più lentamente
  • late dippers (7,7%) che recuperano in un tempo maggiore rispetto agli altri

I fattori che influiscono negativamente sulla capacità di recupero sono stati età > 75 anni, fumo di sigaretta, obesità, genere femminile, classe di rischio ASA III-IV, depressione, accessi chirurgici laterale diretto ed anteriore (non di ultima generazione), morbo di Parkinson.

Ma una volta impiantata, quanto dura una protesi?

Secondo i registri nazionali di Australia e Finlandia, quindi su un numero elevatissimo di impianti, il tasso di sopravvivenza di una protesi è di circa il 60% dopo 25 anni

 

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